La tavola sparecchiata della morte
con le porte che cigolavano
una di qua una di là dal salone
esibiva le ossa spolpate della gioia
i raggi del sole a bastoncino bruciato
le briciole dei cuori infantili.
Dai calici di marmo era caduto del sangue
corrose la tovaglia di sacco
inzuppò i tozzi morsicati del pane
annegò gli avanzi polmonari.
Cercai di andarmene, di alzarmi dalla sedia,
ma liquefatta la mia carne bianca mi fece capire.
tipo lettore tutt'altro che distratto...
RispondiEliminaCiao Toni! Come sono sempre indietro col blog...
RispondiEliminaBellissima ma non ti scopro certo io (scusa il tu anche se non ci conosciamo). E' un vero piacere girare fra queste tue pagine.
RispondiEliminaCiao Gianluca! Con un ritardo enorme...
RispondiEliminabella, e quegli "avanzi polmonari"... ciao marchesa.
RispondiEliminafranz
Grazie, baronetto... :-)
RispondiEliminavengo anch'io da quel tavolo
RispondiEliminaMolto coinvolgente la tua provenienza, caro Anonimo... (Mi metto Anonima anch'io perché non riesco a postare, ma sono sempre A.L.B.)
RispondiEliminaNel frattempo ho rivisto la poesia. Eccola nella nuova versione.
La tavola sparecchiata della morte
con le porte che cigolavano
di qua di là dal salone
esibiva ossa spolpate di gioia
raggi del sole a bastoncino bruciato
le briciole dei cuori infantili.
Dai calici di marmo era caduto sangue:
corrose la tovaglia di sacco
inzuppò i tozzi morsicati del pane
annegò gli avanzi polmonari.
Cercai di andarmene, di alzarmi dalla sedia,
ma liquefatta la mia carne bianca mi fece capire.
Felicità è
RispondiEliminaEssere
Di notte,
E di giorno, a quel tavolo